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Metodo Mezieres Le alterazioni posturali secondo il modello psicosomatico, neurofisiologico, biomeccanico

dott. Mauro Lastrico

Postura:
modello psicosomatico, neurofisiologico, biomeccanico

Dott. Mauro Lastrico, fisioterapista.

Estratto da:
"Biomeccanica muscolo-scheletrica e metodica Mézières"
Autore: dott. Mauro Lastrico
Marrapese Editore

Per postura possiamo intendere la posizione del corpo nello spazio e la relazione spaziale tra i segmenti scheletrici, il cui fine e_ il mantenimento dell'equilibrio, sia in condizioni statiche che dinamiche, a cui concorrono fattori neurofisiologici, biomeccanici, psicoemotivi e relazionali.
Ne consegue che la postura puo_ essere studiata attraverso ciascuno dei seguenti modelli interpretativi: il modello psicosomatico, il modello neurofisiologico, il modello biomeccanico. 

Il modello psicosomatico.

Attorno agli anni '20 risalgono le prime formulazioni di W. Reich e successivamente di A. Lowen sulla profonda relazione esistente tra psiche e soma, tra struttura caratteriale e struttura muscolare. 
Con i suoi primi scritti Reich, medico e psicoanalista, allievo di Freud, andò via via affermando l'identita_ funzionale tra processi psichici e processi somatici, mettendo in relazione la struttura caratteriale con la struttura corporea della persona. 
Le tensioni accumulate nel corpo e la messa in atto di atteggiamenti finalizzati a bloccare le proprie emozioni, danno luogo, secondo lo studioso, ad una duplice corazza.
Si tratta di una corazza caratteriale, intesa come quell'insieme di atteggiamenti psichici e comportamentali caratteristici di un individuo, che ha un corrispettivo somatico in una corazza muscolare.
Tali strutture funzionano come un apparato di difesa, contro stimoli sia interni che esterni avvertiti dal soggetto come minacciosi, con la finalità di evitare sentimenti di angoscia.
Descritto anche in ambito ortopedico come "stato miotensivo psicogeno", lo stato di  tensione muscolare cronica rappresenta il processo forse più evidente con cui l'Io esprime i propri vissuti emotivi nel corpo.  
Alexander Lowen approfondì le ricerche in questo campo ed arrivò alla formulazione di un vero e proprio procedimento terapeutico chiamato Analisi Bioenergetica. Egli si dedicò allo studio della relazione tra i livelli cognitivo, emozionale e corporeo propri di ogni persona, con particolare attenzione alle funzioni scheletriche e alla muscolatura volontaria. A livello psicofisiologico, le tensioni muscolari rappresentano il principale strumento difensivo dell'Io espresso a livello corporeo ed in quanto tali possono determinare un modellamento dell'atteggiamento posturale nel suo insieme.
Si può quindi affermare, che anche la struttura muscolare evidenzia la storia personale di un individuo.
La relazione tra postura e personalità è ormai supportata da numerose ricerche scientifiche portate avanti da studiosi provenienti da scuole diverse.  
E' importante ricordare che per rappresentare ogni singolo individuo nella sua unità psicosomatica, accanto agli aspetti muscolo-tensivi e posturali è essenziale far riferimento anche ai fattori psiconeuroendocrini, considerati come il sistema di mediazione e di modulazione tra componenti psichiche ed emotive da un lato e fattori organici e biologici dall'altro. 
La formazione della corazza corporea avviene attraverso l'innalzamento del tono basale, cioè con un eccesso di tensione della porzione contrattile della fibra muscolare.
Se questa perdura nel tempo, viene interessata anche la porzione connettivale, dando luogo all'accorciamento vero e proprio del sistema muscolare che produrrà l'alterazione della corretta successione articolare. Così, uno stato miotensivo a partenza emozionale, può evolvere ed associarsi ad una problematica biomeccanica.
 
Il modello neurofisiologico.

Il sistema tonico posturale, regolatore del tono muscolare, è un sistema di tipo cibernetico all'interno del quale avviene una complessa serie di processi psiconeurofisiologici.
In questo sistema le informazioni in entrata, provenienti da specifici recettori della postura (il piede, l'occhio, l'apparato stomatognatico, la cute, l'apparato muscolo-scheletrico, ecc.) condizionano l'output, ovvero il tono muscolare.
Tuttavia tale condizionamento in uscita è a sua volta il risultato di una elaborazione sugli input recettoriali di processi neuropsicologici ed esperenziali. 
Quindi, un disequilibrio posturale non necessariamente indica un problema originato a livello delle entrate sensoriali, ma puo_ essere collegato ad una non corretta integrazione del sistema centrale: i centri corticali individuano gli obiettivi statici o dinamici mentre i centri sottocorticali, utilizzando una mappatura definita "schema corporeo", attuano le strategie esecutive. I centri corticali individuano il "cosa", i centri sottocorticali il "come". Inoltre, i centri sottocorticali, attraverso il circuito gamma, regolano il tono basale.
Essendo il "cosa" prioritario sul "come", la rappresentazione soggettiva dello schema corporeo determina la qualità dell'impiego muscolare: tanto meno lo schema corporeo è ben rappresentato, tanto più il sistema muscolare verrà impiegato in eccesso di tensione, in cocontrazione di muscoli non necessari all'azione, sino ad organizzare momenti sostitutivi, in cui muscoli anatomicamente deputati ad una data azione vengono sostituiti da altri (abilità emergenti).
I centri sottocorticali, inoltre, sono implicati nelle strategie difensive mirate  alla salvaguardia della vita attraverso meccanismi di contrazione muscolare distinguibili in "fisiologici" e "funzionali".
La contrazione muscolare, in funzione delle variabili forza/tempo determina accorciamento residuo del muscolo stesso: minore è il tempo e la forza di contrazione, minore è l'accorciamento; maggiore la forza, ma soprattutto il tempo, maggiore è l'accorciamento residuo.
L'accorciamento muscolare e la conseguente asimmetria corporea, non sono riscontrabili solo nelle persone che lamentano una patologia/sintomatologia ortopedica ma sono presente in ogni essere umano e possono essere indotti da contrazioni muscolari automatiche in risposta ad un dato evento. 
Nella seguente trattazione, per "fisiologici"  si intendono quei meccanismi di contrazione muscolare che ogni essere umano utilizza come risposta ad un evento/stimolo; per "funzionali" si intendono quei meccanismi di contrazione muscolare che ogni essere umano utilizza ma con una variabile soggettiva per quantità e qualità che risponde alla domanda "quello che a me serve".
Entrambi i meccanismi sono controllati dai centri sottocorticali.
I sottocorticali sono centri atavici nell'evoluzione filo-ontogenetica dell'Uomo e tra i loro compiti primari c'è quello di adottare strategie utili alla conservazione della vita.

Meccanismi fisiologici
Sono la reazione muscolare in contrazione tenuta nel tempo a seguito di un evento traumatico ortopedico. Esempio: evento accidentale e distorsione tibio-tarsica. I centri sottocorticali inviano, tramite il gamma motoneurone, un messaggio di contrazione a tutti i muscoli periarticolari in modo da immobilizzare l'articolazione. Tale contrazione durerà sino a che le strutture endo-articolari lesionate non saranno "riparate". Il tempo di contrazione in tenuta sarà proporzionale al danno; di conseguenza lo sarà anche l'accorciamento muscolare residuo.

Meccanismi funzionali
Sono contrazioni muscolari tenute nel tempo, costituite fondamentalmente da un aumento più o meno consistente del tono basale, sempre attivate dai centri sottocorticali tramite il gamma motoneurone, che hanno lo scopo di attenuare e/o eliminare dolori presenti (riflesso antalgico a posteriori) o di impedire che dolori latenti si manifestino (riflesso antalgico a priori).
La contrazione muscolare tenuta, sino a che non provoca conflitti strutturali, ha un effetto antalgico.
Nel loro lavoro di salvaguardare la vita i centri sottocorticali hanno un solo tempo: "qui ed ora". Un dolore e/o un'impotenza funzionale saranno avvertiti col significato di "morte" e quindi saranno adottate strategie di evitamento.
In quest'ottica il

Riflesso antalgico a posteriori
rappresenta l'estrema modalità di difesa nel tentativo di prolungare la vita il più possibile. Le persone in fase dolorosa acuta spesso assumono posture contorte ma, come dicono gli stessi pazienti, così stanno un po' meglio.
Tale strategia difensiva risulta utile nell'immediato ma, se perdura nel tempo, diventerà causa dell'insorgenza di ulteriori conflitti meccanici.

I meccanismi fisiologici ed il riflesso antalgico a posteriori intervengono solo in alcuni momenti della vita e da soli non bastano a spiegare la sommatoria di accorciamenti ed asimmetrie presenti nel corpo. Queste sono causate principalmente dal

Riflesso antalgico a priori.
E' un riflesso perennemente attivo ed ha lo scopo di evitare che dolori/conflitti meccanici latenti si rivelino.
Il progressivo accorciamento muscolare, sino a che non crea conflitti, impedisce la slatentizzazione dei disagi muscolo-scheletrici.
I centri sottocorticali utilizzano il sistema muscolare distribuendo gli accorciamenti in modo da alterare sistemicamente le sequenze articolari cercando di evitare conflitti locali.

Il riflesso antalgico a priori si manifesta anche tramite l'assunzione di posture o tramite il movimento, coertando la persona a scelte motorie. Tali coercizioni in un primo momento sono inconsapevoli: si "sente" il bisogno/desiderio di muoversi o di posizionarsi nello spazio in un dato modo. Se le modificazioni in accorciamento della muscolatura divengono più importanti, le coercizioni motorie saranno finalizzate consapevolmente ad evitare l'insorgenza del disagio (non posso stare a lungo seduto se no..., non posso camminare lentamente altrimenti..., ecc.)
Se il meccanismo di accorciamento sistemico della muscolatura perdura nel tempo, localmente potranno determinarsi dei conflitti e dar luogo ad un circuito di autoalimentazione in cui coesistono i due riflessi antalgici.

 

In conclusione, il corpo umano nel vivente, non può aderire al modello anatomico anche a causa dei sistemi protettivi dei centri sottocorticali che permettono di vivere al meglio delle possibilità il "qui ed ora" sacrificando il "poi".
Per far ciò i centri utilizzano il sistema muscolare in aumento del tono basale e/o in contrazione muscolare creando un effetto di tipo antalgico; se l'aumento di tensione avviene per un tempo sufficiente, produce l'accorciamento del muscolo.
Ciò sarà causa di:
* accorciamenti muscolari sistemici
* accorciamenti muscolari analitici di alcuni gruppi dominanti, per vettore di forza, rispetto ad altri
* alterazioni distrettuali e sistemiche della fisiologica sequenza articolare scheletrica

Il modello biomeccanico 

Con il modello biomeccanico vengono analizzate le modalità con cui il sistema muscolo-scheletrico si "organizza" nella statica e nella dinamica.

Nella statica, gli squilibri posturali si evidenziano con la perdita della fisiologica sequenza articolare dei vari segmenti scheletrici nei tre piani dello spazio; nella dinamica con l'impossibilità di effettuare il movimento utilizzando al meglio le forze muscolari.
Per garantire l'assialità dei segmenti scheletrici, come pure il movimento articolare fisiologico, è necessario che le forze muscolari siano bilanciate. In caso contrario, i punti di applicazione delle forze vettoriali muscolari, i loro momenti e la distribuzione dei carichi sui segmenti scheletrici subiscono delle variazioni.
Indipendentemente dagli elementi di disturbo primari e dal tipo di perturbazione iniziale, l'alterazione posturale è la risultante dell'interazione tra il "sistema complesso" muscolare ed il "sistema complesso" scheletrico, che dà vita all'interrelazione funzionale "sistema complesso muscolo scheletrico".
Una  perturbazione localizzata provoca un iniziale disallineamento  e quindi uno sbilanciamento articolare al quale segue una contrazione muscolare  con funzione stabilizzante.
Ma anche viceversa in quanto l'organizzazione della corretta sequenza articolare non può prescindere dall'equilibrio delle tensioni muscolari.
L'equilibrio a bassa intensità (tono muscolare) dei vettori muscolari garantisce la coesistenza di una buona stabilita_ e di una buona mobilita_ articolare creando le condizioni affinchè il sistema muscolo-scheletrico si ponga "ai limiti del caos", l'area cioè, dove gli elementi di staticità e dinamicità si esprimono al meglio della possibilità strutturale.

Se il bilanciamento delle forze avviene ad alta intensità, l'assialità scheletrica è ancora possibile, ma per il movimento sarà necessario utilizzare una maggiore quantità di energia. Il movimento  diverrà disarmonico e le componenti scheletriche subiranno maggiori sollecitazioni. Gli elementi statici prevarranno su quelli dinamici ed il sistema, allontanandosi dal "margine del caos", diverrà rigido.

L'equilibrio vettoriale ad alta intensità (aumento del tono basale) provoca nel tempo un disequilibrio vettoriale a favore delle forze muscolari dominanti e la riorganizzazione di un nuovo equilibrio adattativo, al prezzo di disassamenti segmentari scheletrici.
Il movimento risulterà limitato o sostituito attraverso la mobilizzazione di altre articolazioni.

Se, ad esempio, si prendono in considerazione i muscoli che determinano la flessione anteriore e posteriore dell'omero, si vede che la dominanza vettoriale, sia per la forza potenzialmente esprimibile, sia per la disposizione stessa delle linee di forza, è a favore dei flessori posteriori.
Ciò avrà delle conseguenze sia di tipo statico (la posizione della testa dell'omero all'interno della cavità glenoidea) sia di tipo dinamico, nell'esecuzione del movimento.
Se il tono muscolare è quello fisiologico, il bilanciamento delle forze assicurerà un buon rapporto articolare ed un movimento armonico.
Se l'aumento del tono è in quantità tale da permettere ai flessori anteriori il bilanciamento, la posizione della testa dell'omero risulterà invariata ma le strutture articolari subiranno maggiori sollecitazioni, inoltre, il movimento dovrà avvenire con un maggior dispendio energetico perdendo fluidità.
Nel caso in cui il tono fosse ulteriormente aumentato e fossero presenti contratture ed accorciamenti della porzione connettivale della fibra muscolare, il bilanciamento potrebbe diventare impossibile. In questo caso, la dominanza vettoriale dei flessori posteriori modifica il fisiologico rapporto articolare flettendo posteriormente il braccio e proiettando anteriormente in intrarotazione la testa dell'omero all'interno della cavità glenoidea della scapola. L'articolazione diverrà rigida e le strutture endoarticolari potranno determinare conflitti meccanici.
A livello dinamico, la flessione anteriore del braccio subirà limitazioni e si attiveranno azioni sostitutive come l'elevazione del moncone della spalla o la flessione posteriore del tronco.

Le alterazioni scheletriche determinate dalla perdita del bilanciamento muscolare, producono squilibri statici e dinamici nella simmetria dei volumi corporei e nelle funzioni motorie, a cui lo schema corporeo deve necessariamente adattarsi. L'efficacia del movimento ed il suo aspetto utilitaristico verranno garantiti da schemi compensativi che aggireranno le limitazioni morfologiche o funzionali grazie alla elaborazione delle sensazioni cinestesiche in arrivo.
Nel mantenimento della stazione eretta il sistema tonico posturale persegue l'obiettivo di mantenere i baricentri corporei e la controspinta del terreno all'interno del poligono di sostegno dato dalla superficie dei piedi.
Nella dinamica il sistema sfrutta  la coppia di forza gravità/spinta del terreno per economizzare il Lavoro necessario alla deambulazione.
Il baricentro complessivo è dato dalla risultante dei singoli baricentri scheletrici.
Semplificando lo scheletro umano trasformandolo in una sommatoria di figure geometriche per rendere agevole il calcolo di ogni baricentro è possibile rappresentarlo sul piano frontale come nelle figure successive.
Nella prima figura il tono basale, cioè la forza sviluppata dai muscoli per il mantenimento dei singoli baricentri corporei (centri di massa), espressi nella risultante della forza G, sulla verticale della controspinta del terreno R (risultante delle reazioni vincolari applicate ai punti di appoggio), è il minimo necessario per controbilanciare gli spostamenti dei baricentri indotti dai movimenti corporei automatici, ad esempio la respirazione. Si ricorda che, anche se in figura non è espresso con un segmento di eguale lunghezza, la forza R è uguale e contraria a quella di G: R = -G. Inoltre essendo i singoli baricentri scheletrici allineati, le singole forze applicate G ed R hanno le loro componenti g ed r distribuite su tutta la superficie di appoggio. Le articolazioni, cioè, lavoreranno al meglio della possibilità strutturale in assenza di momenti compressivi concentrati in aree ristrette. Per la definizione delle componenti g ed r si rimanda il lettore al paragrafo "equilibrio dei corpi".

Nelle figure sottostanti, lo spostamento laterale di un segmento corporeo fa "cadere" al di fuori del poligono di appoggio la forza complessiva G. La forza complessiva R è applicata al limite del poligono di sostegno. Si crea così un momento M destabilizzante dato dalle forze di G ed R moltiplicato per la loro distanza d.
Per il mantenimento della stazione eretta è necessaria la cocontrazione asimmetrica del sistema muscolare.

Nella figura sottostante il sistema muscolare disallinea i segmenti corporei.
La coppia G ed R è all'interno del poligono di appoggio e l'equilibrio è possibile seppure al prezzo del disallineamento dei distretti scheletrici. L'alterazione della fisiologica sequenza articolare, se protratta nel tempo, potrà dar luogo a conflitti articolari di tipo compressivo.
Altre problematiche saranno indotte dalle componenti g ed r che, anziché distribuite su tutte le superfici di appoggio, si troveranno addensate in uno spazio ristretto.
Inoltre, il tono muscolare dovrà innalzarsi in quanto lo spostamento di un centro di massa determina l'alterazione dalla posizione iniziale di tutti i centri di massa, con conseguente coinvolgimento dell'intero sistema muscolare. Il sistema sarà in equilibrio ma avrà perso in dinamicità ed acquistato in rigidità.

Utilizzando analoga geometrizzazione del corpo sul piano sagittale si evidenzia come, nelle figure, i singoli centri di massa determinano una risultante complessiva G che si trova sulla stessa verticale della risultante della reazione vincolare R. La risultante vincolare passa attraverso l'apice dell'arco mediale plantare mentre le reazioni vincolari "reali" sono applicate all'avampiede ed al retropiede, lasciando le dita dei piedi svincolate. Inoltre le componenti g ed r potranno distribuirsi uniformemente sulle singole superfici di appoggio scheletriche, determinando i minimi momenti compressivi possibili.
L'azione muscolare può agire alla minima intensità necessaria a verticalizzare G ed R per compensare i movimenti corporei automatici.

Nelle figure la proiezione anteriore o posteriore rispetto al poligono di sostegno, della forza G: la reazione vincolare R viene ad essere applicata al limite anteriore o posteriore del poligono di sostegno. Si determina così un momento di forza M dato dalle forze di G ed R moltiplicate per la loro distanza "d". Per evitare la perdita dell'equilibrio, il sistema muscolare dovrà attivarsi ad alta intensità.

In figura un esempio di "strategia" del sistema muscolare per riportare la forza G all'interno del poligono di sostegno: tutti gli elementi scheletrici vengono proiettati anteriormente o posteriormente. Nell'esempio inoltre, G passa al davanti dell'apice dell'arco mediale plantare e, conseguentemente, la reazione vincolare R sarà applicata in quantità maggiore all'avampiede (un esame con pedana barometrica mostrerebbe un carico prevalentemente anteriore). Lo spostamento dei segmenti scheletrici avviene per azione muscolare e, poiché nessun muscolo può autoallungarsi, l'azione muscolare avverrà in compressione. Se tale compressione viene protratta nel tempo, determinerà l'interessamento della porzione connettivale della fibra muscolare con conseguente accorciamento permanente residuo.
Anche in questo caso le componenti g ed r saranno addensate in superfici ridotte creando le condizioni perché si determinino lesioni strutturali.

Nelle figure con i baricentri allineati, per passare dalla fase statica a quella dinamica sarà sufficiente una minima attivazione muscolare per creare la coppia di forza gravità/controspinta del terreno, favorente la deambulazione. Nelle figure gli elementi di staticità e dinamicità sono organizzati al meglio della possibilità strutturale ed il sistema si pone "ai limiti del caos" (IV caratteristica dei sistemi complessi). Potrà cioè, utilizzare piccole quantità di energia per passare da uno stato ad un altro. 
Se nel sistema muscolare sono presenti degli accorciamenti, i singoli baricentri corporei non saranno più allineati, la forza basale muscolare necessaria al mantenimento dell'equilibrio deve aumentare di intensità.
L'aumento del tono basale produce l'accorciamento della porzione connettivale e ciò dà luogo ad un circuito di autoalimentazione: i singoli baricentri disallineati costringono l'aumento del tono basale che produce accorciamento muscolare che disallinea ulteriormente i singoli baricentri.

In questo modo la sinusoide vertebrale si modifica ed il baricentro complessivo corporeo si avvicina al suolo. Per passare dalla fase statica a quella dinamica sarà necessaria una maggiore azione muscolare: il sistema perde in dinamicità ma acquista in staticità, cioè si allontana dai "margini del caos" divenendo rigido.

Conclusioni
I tre sistemi neuromuscolare, psicosomatico e biomeccanico utilizzano il sistema muscolare nel raggiungimento dei propri obiettivi. Inoltre, per la prima caratteristica dei sistemi complessi, sono interagenti ed interdipendenti: qualunque sia il sistema primariamente implicato nel disequilibrio, gli altri devono attuare strategie adattative per permettere la salvaguardia della funzione al meglio delle possibilità. Si comportano cioè come un sistema integrato.
L'azione sul sistema muscolare si esprime attraverso l'aumento del tono bas

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