Biomeccanica: caratteristiche dei sistemi complessi
Dott.ft. Mauro Lastrico
Estratto da:
"Biomeccanica muscolo-scheletrica e metodica Mézières"
Autore: dott. Mauro Lastrico
Marrapese Editore
* in un sistema complesso tutti gli elementi che lo compongono sono interdipendenti ed interagenti
Questo significa che qualunque azione correttiva segmentaria, localizzata ad un distretto corporeo, determinerà degli adattamenti nei distretti adiacenti.
Tali adattamenti potrebbero essere correttivi o di entità trascurabile, ma potrebbero anche essere aggravanti e l'aggravamento essere maggiore della correzione apportata.
In sede di esame è quindi necessario osservare in modo generale l'effetto dell'azione correttiva, sia essa attiva, passiva o indotta da un mezzo esterno (tutori, bustini, plantari, bite, ecc).
* la comprensione del funzionamento di un sistema complesso può avvenire esclusivamente considerando il sistema nel suo insieme;
questo significa che per interpretare correttamente il significato delle strategie segmentarie, sia statiche che dinamiche, che il sistema mette in atto, è necessario osservare i collegamenti tra il pattern alterato distrettuale ed i pattern complessivi.
Significa, tra l'altro, che il sintomo può essere espressione di una sofferenza locale, riferita o di un disagio posturale. La differenziazione potrà avvenire attraverso l'analisi muscolo-scheletrica complessiva ed utilizzando test analitici e sistemici per rilevare le dominanze interferenti sulla postura, distinguendo tra accorciamenti muscolari primari e secondari.
* un sistema complesso, nel perseguimento dei propri obiettivi, è in grado di generare soluzioni non prevedibili dall'esame dei singoli elementi, è in grado cioè, di generare "abilità emergenti";
questa terza caratteristica ha risvolti terapeutici molto importanti. Sostanzialmente dice che nel compiere un'azione non necessariamente verranno impiegati i muscoli anatomicamente preposti, ma questi possono essere sostituiti da altri che secondo l'analisi vettoriale della matematica lineare non dovrebbero/potrebbero entrare in gioco. Si determinano cioè momenti sostitutivi.
Tali momenti si manifestano in due occasioni:
1. dalla fisica sappiamo che le coppie di forza rispetto alle singole forze presentano il vantaggio di eseguire un miglior Lavoro e complessivamente utilizzare una minore energia.
Quasi tutti i muscoli hanno, nel compiere un'azione, la possibilità di avvalersi di sinergisti (coppie di forza), mentre altri si trovano "isolati" e vettorialmente sottodominanti nella loro azione di agonisti o antagonisti. Tra questi: il retto addominale, per la discesa antero-posteriore del torace nell'atto espiratorio attivo; il gran pettorale, nell'anteposizione della spalla; il retto femorale, nell'anteropulsione dell'emibacino omolaterale durante la deambulazione; i sovraioidei, nell'apertura della mandibola; ecc.
I centri corticali (sistema piramidale) individuano l'obiettivo di movimento, cioè il "cosa", mentre il "come" è sotto il controllo dei centri sottocorticali (sistema extrapiramidale), attraverso una mappatura definita "schema corporeo".
Il "cosa" è prioritario sul "come".
Se gli antagonisti al movimento obiettivo risultano in eccesso di forza resistente, cioè in accorciamento, i muscoli isolati si trovano in sottodominanza vettoriale e nell'impossibilità di eseguire l'azione. Poiché l'azione ha la prevalenza sulla modalità esecutiva, questi muscoli verranno sostituiti da altri che permetteranno un'azione finalizzata ma in alterazione del fisiologico movimento scheletrico.
Esempi: se i muscoli inspiratori sono in aumento di forza resistente ed in accorciamento, il retto addominale si trova impossibilitato a determinare la discesa toracica per l'espirazione attiva. Tale azione verrà quindi eseguita dalla sommatoria di interventi dei gran dorsali, del trasverso addominale e degli obliqui addominali. Il "cosa" sarà l'espirazione, ma il "come" avverrà con la chiusura verso la linea mediana degli emitoraci e, per l'interessamento dei gran dorsali, in aumento della lordosi dorso-lombare.
Nella retrazione dei serratori della mandibola (temporali, masseteri e pterigoideo interno), la funzione dei sovraioidei nell'apertura della mandibola viene svolta dagli pterigoidei esterni, la cui azione fisiologica è quella di controllare i movimenti laterali della mandibola. Il "cosa" sarà l'apertura della bocca, ma nel "come" i condili della mandibola non scenderanno più lungo l'eminenza della fossa del temporale, ma verranno "strappati" in avanti determinando sub-lussazioni o lussazioni dell'articolazione temporo-mandibolare.
Analoga metodologia d'indagine verrà applicata agli altri vettori "isolati".
Le strategie sostitutive si rivelano utili ed indispensabili nel "qui ed ora" per permettere la funzione al meglio delle possibilità, ma il loro impiego determina nel tempo conflitti meccanici con l'insorgenza di sintomi distanti dal luogo di origine. Ad esempio una lombalgia può essere provocata da un blocco toracico, a sua volta provocato dalla retrazione dei muscoli inspiratori che costringono i gran dorsali a sostituirsi al retto addominale, producendo un conflitto meccanico alle vertebre lombari.
Terapeuticamente è quindi importante rilevare le strategie sostituenti in atto e creare le condizioni affinchè i muscoli isolati riprendano la loro funzione anatomica. Ciò è ottenibile attraverso il riallungamento dei muscoli "freno", quelli cioè in eccesso di forza resistente, in modo che i muscoli sottodominanti si ritrovino svincolati ed automaticamente reinseriti nel funzionamento sistemico.
2. Nella trattazione del riflesso antalgico a priori ed a posteriori, si sono evidenziate le strategie difensive dei centri sottocorticali, che utilizzano la contrazione muscolare ed il blocco muscolare su articolazioni strutturalmente libere per evitare che conflitti latenti si manifestino.
L'assenza di dolore non è quindi necessariamente sinonimo di assenza di patologie. Così come non è detto che una terapia che rimuova un sintomo non divenga, in tempi successivi, causa stessa della comparsa di un conflitto di maggior entità.
Il secondo filone di indagine sui momenti sostitutivi è proprio indirizzato ad individuare blocchi articolari non meccanici ma muscolari, finalizzati alla non slatentizzazione di conflitti meccanici diretti od indiretti. Ad individuare cioè, le strategie "protettive" soggettive.
Nell'analisi della deambulazione per esempio, potrebbe risultare una diminuzione o assenza della proiezione posteriore del femore nella fase di appoggio in assenza di un problema articolare della coxo-femorale. Ciò potrebbe essere determinato da una strategia protettiva che impedisca all'ileopsoas (retratto) di trazionare anteriormente la colonna, evidenziando un conflitto latente alle vertebre lombari. In questo caso la strategia protettiva muscolare utilizza la limitazione del movimento a un'articolazione per salvaguardarne un'altra. Se il meccanismo perdura nel tempo però, il blocco muscolare può trasformarsi in blocco articolare, determinando la comparsa di un nuovo quadro patologico.
* un sistema complesso utilizza al meglio la propria energia quando si pone ai "limiti del caos", quando cioè gli elementi di stabilità e dinamicità sono in equilibrio tale da permettere a piccoli segnali di modificare lo stato del sistema.
Una delle prerogative dei sistemi complessi è la capacità di adattamento ed il "margine del caos" è il luogo in cui vi è sufficiente innovazione da dar vita ad un sistema dinamico e sufficiente stabilità da impedirgli di precipitare nell'anarchia. Se un sistema vivente si avvicina troppo al margine rischia di precipitare nell'incoerenza, ma se si ritrae troppo diventa rigido.
La sinusoide vertebrale fisiologica e la fisiologica successione articolare sistemica, sono possibili solo se non vi sono alterazioni strutturali specifiche e se tutti i muscoli lavorano in condizioni di lunghezza ideale. In queste condizioni il sistema muscolo scheletrico si trova ad essere "ai margini del caos" in quanto, attraverso piccoli segnali, potrà guidare comportamenti diversi risparmiando energia. Potrà, ad esempio, passare dalla fase statica a quella dinamica con un piccolo spostamento di un segmento corporeo. Se il sistema è "rigido", l'energia occorrente a determinare la coppia G ed R favorente la dinamica, dovrà essere maggiore.
Se il sistema muscolare è in aumento di forza resistente per eccesso di tono basale della componente contrattile e se questa condizione perdura nel tempo, si determina l'interessamento della porzione connettivale della fibra, con accorciamenti della lunghezza dei muscoli stessi (accorciamenti muscolari primari). Analogo meccanismo può avvenire come conseguenza del disfunzionamento di un altro apparato (accorciamenti muscolari secondari).
In entrambi i casi, la conseguenza sarà il disallineamento dei singoli baricentri scheletrici e la perdita della capacità dinamica dei muscoli. Il sistema entra in un circuito di autoalimentazione: il disallineamento dei singoli baricentri scheletrici richiede una maggior contrazione basale per il mantenimento della stazione eretta e per la dinamica, l'aumento del tono basale determina l'accorciamento del muscolo con conseguente ulteriore disallineamento dei baricentri e modifiche dell'andamento sinusoidale della colonna e dell'assialità di tutte le altre articolazioni.
Il sistema si allontana dal "margine del caos" e diviene rigido.
Deambulazione
Nell'analisi della deambulazione verranno rilevate tutte le componenti "afisiologiche" e quelle "fisiologiche abnormi", cercando di individuare se tali reazioni sono determinate da meccanismi protettivi o sostitutivi.
Con questo intento si prenderanno in considerazione parametri specifici ed aspecifici.
Parametri aspecifici
Comprendono: velocità, intensità e spazio occupato.
L'importanza di questi parametri, di per sé soggettivi, è legata alla coercizione o meno della loro manifestazione.
Molte persone quando si trovano a modificare la loro velocità naturale (rallentandola per osservare le vetrine, ad esempio) lamentano la comparsa di disagi muscolo-scheletrici. In questi casi la velocità adottata non è svincolata, ma funzionale e coertata dall'esigenza di non scatenare problematiche latenti.
Ognuno ha un proprio ritmo "naturale" e, se il sistema è in buon equilibrio scheletrico e muscolare, lo potrà variare rispondendo alle necessità del momento, senza scatenare conflitti.
* Per velocità: si intende la velocità di deambulazione e si valuta se questa è eccessiva o diminuita, svincolata o coertata.
* Per intensità: si intende se la modalità più o meno rigida con cui il cammino si esprime.
* Per spazialità: durante la deambulazione i segmenti corporei sono in movimento. La valutazione è mirata a rilevare se l'ampiezza di tali movimenti è eccessiva o diminuita.
Il ritmo corporeo è la somma dei tre elementi suddetti e per la valutare se il ritmo è espressione di vincolo o di svincolo, è sufficiente chiedere al paziente la variazione progressiva dei tre parametri, osservando le modalità esecutive.
Il "cosa" è la deambulazione ed il sistema metterà in campo tutte le strategie necessarie al raggiungimento dell'obiettivo; il "come" fornirà utili informazioni sugli adattamenti che il sistema è costretto ad utilizzare.
Parametri specifici
Facendo riferimento a quello che dovrebbe essere il movimento fisiologico, verranno osservate le strategie poste in essere dal singolo paziente.
* Cranio: dovrebbe essere libero di orientarsi nello spazio e svincolato dai meccanismi deambulatori.
* Cingolo scapolare: dovrebbe avere un movimento rotatorio per anteropulsione. Muscolo motore dell'azione: gran pettorale.
* Arti superiori: dovrebbero avere un movimento pendolare di tipo inerziale, senza componente muscolare attiva.
* Cingolo pelvico: dovrebbe avere un movimento rotatorio per anteropulsione in controrotazione rispetto al cingolo scapolare. Muscolo responsabile dell'azione: retto femorale.
* Arti inferiori: nel momento in cui entrambi i piedi sono in appoggio, il bacino dovrebbe trovarsi all'apice di un triangolo isoscele, costituito dagli arti inferiori come cateti e dalla distanza tra i due piedi come base. Il passo dovrebbe avere cioè, un momento tanto anteriore che posteriore. Durante la fase sospensiva, l'estensione del ginocchio dovrebbe essere inizialmente di tipo inerziale e richiedere l'azione del quadricipite per completare l'estensione poco prima che il piedi arrivi all'appoggio.
* Base di appoggio: durante la deambulazione il centro dei talloni dovrebbe trovarsi lungo una linea verticale passante attraverso la SIAS, spina iliaca antero-superiore, ed il centro del ginocchio.
* Piede: il riferimento è una linea che unisce il centro del tallone al secondo dito. Secondo il modello statistico (quello che considera fisiologico e normale il comportamento della maggioranza), tale linea dovrebbe divergere di circa 10 gradi; secondo il modello ingegneristico (quello che considera la miglior performance possibile in base alla struttura), questa linea dovrebbe essere orientata in avanti.
Stazione eretta
In stazione eretta si eseguirà una valutazione dinamica chiedendo al paziente di correggere attivamente gli elementi scheletrici (derotazione dei femori, degli omeri, la posizione del cranio, ecc) osservando gli adattamenti scheletrici complessivi e le modalità esecutive muscolari.
Posizione supina
Le osservazioni dinamiche saranno distinte in attive, eseguite dal parte del paziente e in passive, eseguite dall'operatore.
Osservazioni dinamiche attive
Mirate a rilevare azioni muscolari sostitutive e movimenti scheletrici incongrui. Riguardano:
* Fase inspiratoria attiva: il torace dovrebbe espandersi in modo armonico nelle 3 direzioni dello spazio (in direzione craniale, in antero-posteriore ed in latero-laterale); la "pancia" (fascia ipogastrica) dovrebbe essere "gonfiata" passivamente come conseguenza della pressione esercitata dal diaframma sui visceri, quindi in quantità molto ridotta ed in un tempo successivo all'espansione toracica. Il caso in cui l'ipogastrio anticipi il movimento toracico con modalità attiva, può essere il segnale dell'attivazione simultanea dei pilastri del diaframma e dell'ileopsoas che, per facilitare l'espansione toracica, esercitano una forza traente sulle vertebre lombari. Questo tipo di strategia inspiratoria, nel tempo, può provocare conflitti meccanici alle vertebre lombari, tenendo anche conto che i pilastri del diaframma hanno inserzione vertebrale asimmetrica (L1-L3 a sinistra, L1- L4 a destra) e che la trazione sui corpi vertebrali ha anche una componente rotatoria.
* Fase espiratoria attiva e prolungata: il torace dovrebbe scendere in direzione del bacino per l'azione del retto addominale ed in avvicinamento alla linea mediana per l'azione degli obliqui e del trasverso addominale. Le vertebre lombari si avvicinano al pavimento. Anche in questo caso la fascia ipogastrica non dovrebbe essere proiettata anteriormente. Se questo succede può essere il segnale dell'attivazione dei gran dorsali in sostituzione parziale o totale del retto addominale: le pareti toraciche si chiudono eccessivamente verso la linea mediana ed il torace scende in modo insufficiente in direzione del bacino, mentre le vertebre lombari (in particolare quarta e quinta) si infossano. Quando vi è sostituzione dei retti addominali da parte dei gran dorsali, il rilevamento del movimento delle vertebre lombari è particolarmente importante, in quanto spesso si osserva una discesa verso il pavimento delle prime (L1 L2 L3) ed un infossamento delle ultime (L4 L5), con conseguente potenziale conflitto meccanico tra due vertebre adiacenti.
* Anteposizione delle spalle: le scapole dovrebbero allontanarsi dalla colonna e quest'ultima muoversi in direzione del pavimento, l'articolazione sterno-claveare funzionare da perno ed il muscolo motore dell'azione essere il gran pettorale. Nel caso in cui l'azione del gran pettorale venga sostituita utilizzando abilità emergenti potenzialmente possibili per i sistemi complessi, il movimento scheletrico risulterà afisiologico. In particolare, se i muscoli sostituenti sono il gran dorsale ed il fascio superiore del trapezio, la scapola risulterà ipomobile ed il torace parteciperà all'azione in rotazione, le prime vertebre dorsali non si muoveranno in direzione del pavimento, la testa della clavicola sarà proiettata anteriormente in sub-lussazione o lussazione dell'articolazione sterno-claveare.
Osservazioni dinamiche passive
Azioni eseguite passivamente dall'operatore e mirate alla verifica del rispetto della fisiologia o meno delle reazioni scheletriche, dello stato di lunghezza della muscolatura e della libertà articolare, sia in senso scheletrico che muscolare.
Segue un elenco di alcune indagini passive. In base al problema specifico del paziente si aggiungeranno tutte quelle ritenute opportune per la valutazione funzionale del caso.
Nella descrizione dei muscoli posti in allungamento passivo si citeranno solo i muscoli vettorialmente più significativi.
* Inclinazione laterale del cranio: scheletricamente le vertebre cervico-dorsali dovrebbero muoversi convessità controlaterale ed il torace dovrebbe espandersi lateralmente controlateralmente. I muscoli posti in allungamento passivo sono tutti i cranio-cervico-scapolari controlaterali e, se accorciati, modificheranno la posizione della scapola, della clavicola e dell'osso ioide.
* Rotazione del cranio: le vertebre cervico-toraciche dovrebbero ruotare omolateralmente ed il torace dovrebbe espandersi lateralmente controlateralmente. I muscoli posti in allungamento passivo sono tutti i cranio-cervico-dorsali omolaterali e, se accorciati, modificheranno la posizione della scapola, della clavicola e dell'osso ioide.
* Abduzione arti superiori: sino agli 80/90 gradi il movimento omerale dovrebbe avvenire all'interno della cavità glenoidea senza determinare movimenti scheletrici. Superati tali gradi è fisiologico che il torace si espanda lateralmente bilateralmente e che le scapole basculino adducendo l'angolo supero-mediale ed abducendo l'angolo inferiore. Dai 120 gradi in avanti i muscoli posti in allungamento passivo sono gli intrarotatori omerali. Se accorciati, potranno determinare: l'aumento della lordosi dorso-lombare (gran dorsali), l'abbandono da parte delle scapole della coesione con la gabbia toracica (sottoscapolare, gran rotondo e porzione scapolo-omerale del gran dorsale, dominanti rispetto al gran dentato e agli adduttori scapolari); la sub-lussazione dell'omero.
* Elevazione arti superiori: sino ai 60 gradi il movimento omerale dovrebbe avvenire all'interno della cavità glenoidea senza determinare movimenti scheletrici. Superati tali gradi, è fisiologico: che il torace si espanda in antero-posteriore aumentando la lordosi dorso-lombare; che le scapole si abducano parallele ponendo gli adduttori scapolari in allungamento passivo; che le vertebre dorsali alte con apice D5 vadano in cifosi; che diminuisca la lordosi cervico-dorsale per detensione dei muscoli posti al davanti della colonna. Oltre agli adduttori scapolari, i muscoli posti in allungamento passivo sono gli intrarotatori omerali. Se accorciati potranno determinare: l'aumento eccessivo della lordosi dorso-lombare (gran dorsali); l'abbandono da parte delle scapole della coesione con la gabbia toracica (sottoscapolare, gran rotondo e porzione scapolo-omerale del gran dorsale, dominanti rispetto al gran dentato e agli adduttori scapolari); la sub-lussazione dell'omero.
* Elevazione mono-laterale arto inferiore: sino a circa 40/45 gradi il movimento femorale dovrebbe avvenire all'interno dell'articolazione dell'anca senza determinare movimenti scheletrici. Superati tali gradi è fisiologica una blanda risalita dell'emibacino omolaterale, la rotazione controlaterale dell'emibacino e l'espansione laterale toracica contro-laterale.
* Elevazione arti inferiori: l'analisi degli adattamenti sarà effettuata, se possibile, posizionando gli arti inferiori direttamente a 90 gradi. In questa posizione gli arti inferiori dovrebbero essere estesi e privi di rotazioni, il bacino in appoggio al suolo in posizione normo-versa, la linea toraco-pubica diritta. Tra i molti adattamenti che in realtà si verificheranno, assume particolare rilevanza il potenziale conflitto tra il bacino, se questo è retroverso, e le ultime vertebre lombari, se vengono trazionate anteriormente.
Tutte le azioni, passive o attive, che inducono la retroversione del bacino hanno in sé un alto indice di pericolosità: in retroversione il bacino determina una spinta meccanica alle vertebre lombari in direzione della delordosi ma, se in contemporanea agiscono, con vari gradi di intensità e di sinergia, gran dorsali, quadrato dei lombi, paravertebrali, diaframma ed ileopsoas, muscoli cioè che aumentano la lordosi lombare, si produrrà una coppia di forze contrapposte che può creare conflitti meccanici sino alla vera e propria listesi, al passaggio lombo-sacrale.
Nelle azioni di flessione dell'anca è quindi importante diversificare tra la posizione dei muscoli e quella delle vertebre: l'appoggio al suolo della muscolatura del tronco non sottointende necessariamente analogo comportamento del rachide.
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