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Biomeccanica colonna vertebrale piano frontale e rotatorio. Scoliosi

dott. Mauro Lastrico

Biomeccanica colonna vertebrale piano prontale e rotatorio. Scoliosi

Dott. Ft Mauro Lastrico

Estratto da:
"Biomeccanica muscolo-scheletrica e Metodica Mézières"
Autore: dott. Mauro Lastrico
Marrapese Editore

Nelle deviazioni laterali della colonna, analogamente a ciò che avviene sul piano sagittale, le forze G ed R applicate ad ogni singolo baricentro potranno determinare compressioni focalizzate ed asimmetriche sui dischi intervertebrali e momenti di forza.
Le forze complessive G ed R, applicate al passaggio lombo-sacrale, potranno produrre compressioni al disco anche di grande entità, nonché un momento di forza complessivo.
Le forze compressive sui dischi intervertebrali saranno, inoltre, determinate ed accentuate dalle componenti vettoriali verticali di tutti i muscoli, anteriori e posteriori, agenti direttamente od indirettamente sul rachide.
Le compressioni sui dischi, possono arrivare a comprimere le radici dei plessi con conseguenti patologie radicolari.


Quadri del muscolo gran dorsale
Avendo molti punti di inserzione l'accorciamento di questo muscolo produce vari effetti scheletrici.
Schematicamente si possono distinguere due grandi quadri "A" e "B".
I due quadri non sempre si presentano "puri" e sovente si osservano quadri misti.

* quadro "A"
in questo quadro sono interessati prevalentemente i fasci del gran dorsale da cresta iliaca ad omero che, avvicinando l'emibacino e la spalla, determinano direttamente l'abbassamento della spalla e l'elevazione dell'emibacino e, per risultante meccanica, la concavità laterale toracica omolaterale. Tali fasci, per risultante meccanica, sono responsabili anche della convessità laterale toracica controlaterale e della spalla alta controlaterale.

Se prevalgono le risultanti meccaniche, l'andamento della colonna vertebrale mostrerà una scoliosi ad ampio raggio a convessità controlaterale, convessità che è in realtà conseguenza della concavità omolaterale causata dall'avvicinamento di spalla ed emibacino. 

Il gran dorsale ha inserzioni sui processi spinosi da D12 a D7 e, attraverso la fascia toraco-lombare, sui processi costiformi delle vertebre lombari. Il quadrato dei lombi, oltre alla dodicesima costa, ha inserzioni sui processi costiformi delle prime tre vertebre lombari. La loro linea di forza, quindi, non solo è in grado di elevare l'emibacino ma anche di trazionare le vertebre da L5 a D7.
Gran dorsale e quadrato dei lombi sono cioè in grado di opporsi alla risultante meccanica indotta dall'elevazione dell'emibacino, mantenendo la colonna verticale o arrivando persino a creare una convessità omolaterale.
In questo caso si determinerà una doppia curva in cui il gran dorsale ed il quadrato dei lombi saranno direttamente responsabili della convessità vertebrale lombare e toracica inferiore per trazione diretta sulle vertebre, e della concavità vertebrale toracica superiore come risultante dell'avvicinamento di spalla ed emibacino.

 

* quadro "B"
questo quadro è caratterizzato dall'azione associata tra i fasci superiori del gran dorsale ed i muscoli dominanti nell'elevazione del moncone della spalla. Nel loro insieme questi muscoli hanno una risultante complessiva che determina l'elevazione in adduzione della scapola e l'elevazione della clavicola. Se interessato anche l'omoioideo, l'osso ioide sarà deviato lateralmente.
I fasci toraco-omerali del gran dorsale determinano una convessità laterale toracica nel quadrante inferiore mentre i fasci inferiori elevano l'emibacino e lo ruotano posteriormente. 

La convessità laterale toracica è inoltre conseguenza meccanica dell'elevazione del moncone della spalla, direttamente determinata da romboidi e fasci medi del trapezio che, elevando ed adducendo la scapola, possono produrre una convessità omolaterale delle vertebre toraciche. La convessità vertebrale si ripercuoterà sul quadrante supero-laterale del torace e, ad aumentarne il dismorfismo, concorrerà anche il dentato anteriore che innalzerà la sua tensione nel tentativo di impedire l'adduzione e la risalita della scapola. Essendo però sottodominante, la scapola diverrà punto fisso e la sua trazione si manifesterà sulle coste(punto mobile) che si sposteranno lateralmente. 

Il quadro associato avrà potenzialmente sullo stesso emilato le seguenti caratteristiche scheletriche, non necessariamente tutte presenti, per azione muscolare diretta:
* scapola elevata ed addotta
* clavicola ascendente
* lateralizzazione dell'osso ioide
* convessità laterale toracica nel quadrante superiore (sopra D7)
* convessità laterale toracica nel quadrante inferiore (sotto D7)
* elevazione dell'emibacino
* postero rotazione dell'emibacino


Se a livello lombare prevarrà, sulle vertebre, la risultante meccanica determinata dall'elevazione dell'emibacino, si determinerà una doppia curva scoliotica a concavità lombare ed a convessità toracica. I fasci inferiori del gran dorsale elevano l'emibacino mentre quelli superiori, associati a romboidi e fasci medi ed inferiori del trapezio, determinano la convessità vertebrale  toracica.

Nel caso in cui le fibre del gran dorsale che uniscono bacino e colonna toraco-lombare associate a quelle del quadrato dei lombi fossero in accorciamento si opporranno alla risultante meccanica determinata dall'elevazione dell'emibacino facendo si che la colonna vertebrale toraco-lombare abbia andamento verticale o in convessità omolaterale.

Si verrà così a creare una curva ad ampio raggio, dove la convessità toraco-lombare viene ad essere direttamente determinata dalla forza di trazione sulle vertebre toraciche e lombari esercitata da gran dorsale e quadrato dei lombi. E la convessità toracica superiore, indotta dalla forza di trazione esercitata dagli adduttori scapolari e dalla risultante meccanica dell'elevazione della spalla.  

Cranio
La posizione del cranio nello spazio è assicurata dai riflessi posturali tramite la cocontrazione di tutti i muscoli cranio-cervico-scapolari. Poiché la visuale orizzontale è funzione egemonica, raramente sono visibili alterazione per rotazione o inclinazione del capo di grande entità. E' quindi più frequente che siano le strutture scheletriche sottostanti disassiate per permettere una buona posizione del capo. In questo, un ruolo fondamentale è svolto dall'osso ioide attraverso le sue molteplici connessioni.
Nel caso in cui rotazione ed inclinazione del cranio si mostrassero come elemento portante, è sospettabile l'interferenza di disturbi provenienti da altri apparati: visivo (soppressione oculare, strabismi latenti, eso o exoforie, torcicollo oculare, ecc) od otorinico ad esempio, da cui l'importanza di effettuare specifici test in collaborazione con gli specialisti.
 

Vertebre cervicali
Lo spostamento laterale delle vertebre cervicali può essere determinato muscolarmente in maniera diretta od indiretta.
L'azione diretta è effettuata dai muscoli elevatore della scapola e scaleni con convessità vertebrale omolaterale alla linea di tensione muscolare. In associazione alla convessità vertebrale può essere riscontrabile l'elevazione in adduzione della scapola (m elevatore della scapola) e la sporgenza delle prime coste (m scaleni).
L'azione indiretta è causata dal fascio superiore del trapezio che, non avendo inserzioni vertebrali, determina una concavità vertebrale omolaterale come conseguenza meccanica dell'inclinazione del capo e dell'elevazione del moncone della spalla.
Sia scaleni che elevatore della scapola, con le componenti vettoriali orizzontali, determinano la rotazione controlaterale dei corpi vertebrali e con le componenti vettoriali verticali comprimono lateralmente, omolateralmente, i dischi intervertebrali. La compressione asimmetrica è dovuta anche alle forze G ed R applicate ad ogni singola vertebra. Tali compressioni, se protratte nel tempo, possono interessare le radici del plesso. 

 

Vertebre cervico-toraciche C6-D4
Su questo tratto di colonna agiscono direttamente il piccolo e grande romboide ed i fasci medi del trapezio. Oltre a determinare la convessità vertebrale, i due gruppi muscolari ruotano controlateralmente i corpi vertebrali.
Le componenti vettoriali longitudinali, maggiormente espresse dai romboidi, irrigidiscono il tratto C6-D4.


Vertebre toraciche D2-D12
Lo spostamento laterale può essere indotto:
* direttamente dai fasci inferiori del trapezio; dalla porzione del gran dorsale estesa tra le vertebre toraciche D7-D12, l'angolo inferiore della scapola e l'omero;
* dalla porzione del gran dorsale estesa tra vertebre toraciche e cresta iliaca.
L'azione combinata dei gruppi muscolari produce la convessità vertebrale con rotazione controlaterale dei corpi vertebrali.
Le componenti vettoriali verticali espresse da entrambi i muscoli, associate a quelle dei paravertebrali, irrigidiscono la colonna.
Le singole forze G ed R applicate ad ogni vertebra, attraverso le loro componenti g ed r, determineranno forze compressive localizzate ed asimmetriche sui dischi intervertebrali.
Tali forze compressive possono arrivare ad interessare le radici con conseguenti radicolopatie.

 

Lo spostamento laterale può essere indotto anche indirettamente dalle fibre del gran dorsale che uniscono omero e cresta iliaca: in questo caso l'azione del muscolo produce concavità. Come quadro associato, la spalla risulterà bassa, l'emibacino elevato.


Vertebre lombari
Lo spostamento laterale è indotto direttamente dai fasci del gran dorsale con inserzione sulla fascia toraco-lombare (L1-L5) e dal quadrato dei lombi e, per rotazione dei corpi vertebrali, dal diaframma e dallo psoas. In sommatoria di azione questi muscoli producono la convessità omolaterale.

Lo spostamento laterale controlaterale può essere invece determinato dalla risultante meccanica dell'elevazione del bacino per l'azione del gran dorsale e del quadrato dei lombi in appoggio.

Scoliosi
L'eziologia della scoliosi è ancora ignota, molte le ipotesi tra le quali la matrice psicosomatica.
Dal punto di vista muscolare, si è visto che, sul piano sagittale, il bilanciamento delle forze è vettorialmente asimmetrico e ciò dà luogo a dominanze che si manifestano con l'alterazione dell'andamento scheletrico della sinusoide vertebrale.
Sul piano frontale, al contrario, le componenti orizzontali dei muscoli con inserzione diretta in colonna, possono essere bilanciate da muscoli controlaterali, aventi vettori di eguale intensità ma di verso contrario. Ad esempio, la trazione esercitata sulle vertebre toraciche esercitata dai romboidi può essere bilanciata dai romboidi del lato controlaterale che, potenzialmente, possono esprimere una forza uguale e contraria.
A contrastare la deviazione laterale della colonna, concorrono  i paravertebrali che, tramite i loro vettori longitudinali, la irrigidiscono.
Inoltre, tutti i muscoli obliqui, oltre alle componenti orizzontali, hanno componenti verticali che sommate a quelle dei paravertebrali, modificano l'andamento sagittale della colonna e la irrigidiscono.

Nel capitolo sul modello neurofisiologico, si è esposto come il "sistema" distribuisce gli accorciamenti muscolari in modo da evitare, per il maggior tempo possibile, che le strutture endoarticolari entrino in conflitto meccanico, generando sintomi ed impotenze motorie invalidanti.
In questo senso è possibile "interpretare" la comparsa di deviazioni laterali del rachide come espressione della saturazione della possibilità di alterare l'andamento sagittale sinusolidale senza determinare conflitti meccanici.
Nella maggioranza dei casi, infatti, in presenza di scoliosi il rachide si presenta rigido e con significative alterazioni sagittali.

Una volta che un muscolo obliquo prevale sul controlaterale deviando lateralmente la colonna, cambiano le direzioni delle componenti vettoriali.
Se le componenti vettoriali longitudinali del muscolo antagonista alla deviazione scoliotica hanno la loro proiezione oltre la linea mediana, queste si sommano alle componenti orizzontali e verticali del muscolo agonista, contribuendo alla stabilizzazione e all'incremento della scoliosi.


Anche le linee di forza dei paravertebrali, a scoliosi avvenuta, cambiano direzione e, sommandosi alle forze oblique dominanti nell'instaurazione del quadro scoliotico, contribuiscono alla fissazione della deviazione vertebrale.

I muscoli che si trovano nel lato concavo, sono in allungamento rispetto alla posizione iniziale, allungamento che però non eccede il massimo allungamento potenziale. Questi muscoli entreranno in eccesso di tensione nel tentativo di bilanciare la lateralizzazione delle vertebre e questo determinerà, nel tempo, l'accorciamento della porzione connettivale della fibra muscolare. I muscoli del lato concavo saranno cioè in allungamento relativo rispetto alla posizione di partenza, ma complessivamente in accorciamento.

E', quindi, necessario individuare quali vettori obliqui sono dominanti nel determinare il quadro in esame, ma il trattamento non potrà rivolgersi solo a questi in quanto, l'eccesso di tensione, riguarderà anche i muscoli controlaterali ed i paravertebrali.

Considerando i singoli muscoli vettorialmente dominanti, questi potranno avere effetto diretto sulla colonna, per rotazione e traslazione, (per roto-traslazione in realtà) grazie alle loro inserzioni o provocare la deviazione vertebrale laterale come risultante meccanica della loro azione sui cingoli e/o sul cranio:

In presenza di scoliosi, i muscoli agenti possono essere responsabili tanto della concavità che della convessità, oppure di entrambe, considerando che i muscoli dei due emilati sono sempre in cocontrazione ed in sommatoria di azione.
Nell'impostazione dell'iter terapeutico è quindi necessario individuare le dominanze vettoriali primarie (o di primo livello) ed agire su quest'ultime. Progressivamente, le dominanze di primo livello si attenueranno ed assumeranno importanza quelle di secondo livello e così via, sino al raggiungimento di un soddisfacente riequilibrio muscolare vettoriale che possa permettere al rachide di recuperare un buon posizionamento sia sul piano sagittale che su quello laterale, cioè sul piano tridimensionale.
Le possibilità terapeutiche di agire sulla scoliosi sono fortemente legate all'età del soggetto.
Mentre nell'adulto l'azione terapeutica è più semplice, a meno che non vi siano delle deformità strutturali tali da costituire impedimento meccanico, in età adolescenziale le problematiche sono molto più complesse.
L'eziologia della scoliosi è ignota ma tra le tante ipotesi sta acquisendo importanza, per quelle dell'età adolescenziale, l'ipotesi a matrice psicosomatica.
L'eccesso di tensione muscolare sistemica sarebbe causato da un'esasperazione dei meccanismi difensivi dell'"io" che sono alla base della formazione della corazza corporea, da messaggi inconsci che utilizzano il canale comunicativo corporeo (bisogno secondario della malattia), da difficoltà ad elaborare coerentemente e correttamente le comunicazioni provenienti dall'ambiente esterno.
Ad esempio, l'adulto ha nei confronti dell'adolescente, anche un compito di tipo normativo e se l'adolescente percepisce questo come limite al suo "fare", la comunicazione avviene su piani coerenti e corretti.
Al contrario, se l'adolescente soggettivamente percepisce i limiti posti come limiti al "sé" (allora vuol dire che non sono capace, non sono in grado...) o come negazione dell'affetto (allora nessuno mi vuole bene....), si innescano meccanismi di disistima ed ansia da cui il sistema si difende innalzando, attraverso la contrazione muscolare, la corazza corporea.
La corazza corporea svolge un ruolo funzionale utile al non percepimento cosciente del disagio psico-emozionale ma altera l'assialità scheletrica.
Meccanismo analogo se la comunicazione proveniente dall'adulto è realmente di tipo distruttivo (non sei capace, non vali, non capisci....): l'adolescente oggettivamente percepisce la comunicazione in arrivo come distruttiva e destrutturante.
Tale percezione genera conflitto tra il desiderio di sottrazione dalla situazione frustrante e l'impossibilità logistica di metterla in atto (normalmente gli adolescenti non sono indipendenti dal mondo degli adulti).
Anche in questo caso il sistema si difende sottraendo alla coscienza il senso di impotenza e di conseguenza la disistima, utilizzando i meccanismi della corazza corporea.
Allo stato attuale non vi è una sufficiente casistica per sostenere scientificamente quanto esposto ma, per quello che può valere l'esperienza personale, gli unici successi avuti nel trattamento delle scoliosi adolescenziali, si sono verificati quando il trattamento è stato impostato in équipe con lo psicoterapeuta.
Agendo isolatamente invece, è già un successo riuscire a mantenere pressoché inalterati i gradi di scoliosi presenti sino alla maturità ossea.
In età adulta, il trattamento delle scoliosi diventa più semplice e con maggiori risultati perché, probabilmente, sono arrivati a soluzione i conflitti emotivi propri dell'età adolescenziale.

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