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"Biomeccanica muscolo-scheletrica e metodica Mézières"
Autore: dott. Mauro Lastrico
Marrapese Editore
In questo testo saranno prese in considerazione le alterazioni della fisiologica sequenza articolare causate da un coinvolgimento in accorciamento del sistema muscolare.
Medesimi quadri possono essere indotti da problematiche congenite o acquisite e da patologie specifiche. Per non ripetere ogni volta la distinzione, tale evenienza sarà data per scontata. Nella trattazione, quindi, si farà riferimento a muscoli integri, normalmente innervati ed all'assenza di patologie specifiche dell'apparato muscolo-scheletrico o di altra origine.
Qualunque sia il sintomo, espresso come dolore o impotenza funzionale o la loro sommatoria, nel distretto in esame è presente un'alterazione della fisiologica sequenza articolare o dismorfismo, rilevabile attraverso strumenti di indagine specifici e attraverso l'esame obiettivo con cui si confronta la postura ideale con quella del paziente.
Poiché i muscoli non si comportano in maniera isolata ma fanno parte di un sistema complesso, le alterazioni morfologiche non saranno riscontrabili solo nel distretto sintomatico ma estese, per micro o per macro, a tutte le articolazioni.
L'indagine biomeccanica proposta, considera i muscoli come vettori di forza compressiva, in progressiva perdita della lunghezza ideale.
L'analisi dell'effetto degli accorciamenti sarà sia sistemica che analitica: complessivamente tutti i muscoli si accorciano ma con intensità diverse.
I muscoli, oltre al movimento, hanno un ruolo importante nella stabilità articolare ed hanno, rispetto all'articolazione, disposizione e lunghezza diverse.
Vettorialmente, maggiore sarà la lunghezza del muscolo, maggiore sarà la sua capacità di esercitare forza traente.
In assenza di specifici quadri patologici, la lunghezza muscolare non può anatomicamente essere maggiore di quella fisiologica: durante un'azione il muscolo antagonista è in allungamento rispetto la posizione iniziale ed agisce da freno all'escursione articolare, ma se il movimento rientra nel range articolare, tale allungamento rispetterà la massima lunghezza fisiologica potenziale (fig 1 e 2).
In fig 1 il quadrato nero è mantenuto nella sua posizione all'interno del quadrato esterno attraverso la cocontrazione di tutte le forze agenti da f1 ad f5.
Le forze non sono distribuite in maniera simmetrica e se tutte aumentano l'intensità della forza di trazione, il quadrato nero all'interno del quadrato bianco (fig 1), si muoverà come da fig 2.
Tutte le forze da f1' a f5' sono in eccesso di tensione: f1', f2' ed f3' vettorialmente prevalgono e risultano accorciate, f4' ed f5' si oppongono alla forza traente, aumentano il tono, ma rispetto alla posizione originale si trovano in allungamento.
Tale allungamento, però, non eccede la massima capacità, in quanto il movimento del quadrato nero è all'interno del limite dato dal quadrato esterno.
Per far sì che il quadrato nero torni in posizione centrale non sarà necessario aumentare ulteriormente la forza espressa da f4' ed f5', ma creare le condizioni affinché tutte le forze da f1' ad f5' (in particolare f1',f2' ed f3') diminuiscano la loro intensità, tornando allo stato iniziale da f1 a f5.
Di conseguenza, qualunque movimento umano che rientri nel range articolare, determinerà un allungamento passivo degli antagonisti, allungamento che non sarà, però, superiore al massimo allungamento potenziale fisiologico.
Altro parametro importante è l'obliquità con cui la forza agisce.
Nella figura soprastante, la verticalità dell'asta è assicurata dal bilanciamento di due forze diagonali che, aventi funzione angolare diversa, utilizzano intensità asimmetriche. L'asta si piega in direzione della forza maggiormente obliqua, quando si supera la capacità di bilanciamento vettoriale della forza diagonale avente funzione angolare minore.
Nel caso in cui, sull'asta, agiscano una forza diagonale ed una longitudinale parallela all'asta, quest'ultima non può bilanciare la forza obliqua se non irrigidendo l'asta stessa.
Rispetto ad un qualunque dismorfismo l'analisi vettoriale cerca di individuare quale forza (muscolo o gruppo muscolare) è favorita nel creare il quadro in esame.
Nei disegni si è evidenziato come l'aumento dell'intensità vettoriale di una forza obliqua sia potenzialmente in grado di creare un maggior spostamento scheletrico rispetto ad una forza avente vettore longitudinale od obliquo ma con funzione angolare minore. Inoltre, l'aumento di tensione di un vettore obliquo costringe i vettori longitudinali ad adattarsi aumentando la forza di trazione, nel tentativo di bilanciare l'effetto sullo scheletro, bloccandolo.
Vedremo che, in quasi tutte le articolazioni, le forze muscolari sono vettorialmente asimmetriche, avremo cioè, rispetto alle risultanti scheletriche, azioni dominanti ed azioni sottodominanti.
Ad esempio, nel rapporto scapolo-omerale l'adduzione dell'omero è dominante rispetto all'abduzione, essendo gli adduttori in maggior numero e con vettori più lunghi ed obliqui rispetto agli abduttori. La risultante vettoriale degli adduttori, se questi si esprimono ad alta intensità, non può essere bilanciata dalla risultante vettoriale degli abduttori.
In logica vettoriale ed in assenza di patologie neurologiche periferiche o altre patologie che interferiscano con la contrazione muscolare, le azioni sottodominanti non saranno impedite o limitate dalla "debolezza" dei muscoli agonisti, ma dall'eccesso di tensione degli antagonisti. Riferendosi all'esempio precedente, non saranno gli abduttori dell'omero in ipo-capacità contrattile (agonisti dell'azione), ma gli adduttori in eccesso di tensione che impediscono l'azione (antagonisti).
La trattazione analitica che segue non vuole essere esaustiva, ma fornire strumenti interpretativi adattabili ad ogni singolo caso.
Inoltre, non verranno presi in esame tutti i muscoli potenzialmente implicati, ma solo quelli vettorialmente più significativi. Nelle singole situazioni potrà accadere che i vettori più probabili risultino negativi: in tal caso si applicherà analogo procedimento di studio sui vettori minori. In questa occasione non varranno più le regole della matematica lineare (proporzionalità tra stimolo ed effetto), ma quelle della matematica non lineare per cui anche piccoli segnali sono in grado di produrre significativi cambiamenti.
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